Matt Little: Un cambio di paradigma nella misurazione e nel monitoraggio dei tennisti
Matt Little ha lavorato come allenatore di forza e condizionamento nel tennis d'élite per oltre 15 anni. Attualmente è a capo del team di supporto alle prestazioni di Sir Andy Murray e gestisce i sistemi di monitoraggio utilizzati dal tre volte vincitore del Grande Slam.
Il tennis d'élite è uno sport incredibilmente faticoso e brutale. Nonostante l'assenza di contatto fisico, il gioco comporta comunque una guerra fisica e mentale che dura ore e ore. L'ultima gara di singolare maschile a Wimbledon 2018 ha messo a fuoco questo aspetto e mi ha spinto a mettere nero su bianco le mie riflessioni.
Le mie opinioni non riguardano tanto il formato delle competizioni del Grande Slam maschile o femminile, ma piuttosto il modo in cui prepariamo e trattiamo il corpo dei tennisti. Come sport, ritengo che il tennis abbia il dovere di orientarsi verso un modo più responsabile e consapevole di allenare i propri atleti.
Quando si tratta di monitorare il carico dei tennisti, le domande che mi porrei sono:
- Quanto siamo coerenti nell'effettuare le misurazioni del carico?
- Quanto siamo precisi?
- Stiamo davvero misurando il carico?
Dopo la maratona Isner-Anderson nelle semifinali di Wimbledon, è stato chiesto di introdurre il tie break al quinto set nelle partite maschili del Grande Slam. In questo modo non solo si eviterebbe che le partite si protraggano per un tempo eccessivo, ma si eviterebbe anche che i giocatori siano fisicamente esausti prima della partita successiva. Sarebbe una mossa intelligente, ma ritengo che sia anche importante proteggere i giocatori nell'ambiente di allenamento e in quello di gioco.
È ampiamente riconosciuto che il tennis si è trasformato nel tempo in uno sport molto più atletico ed esplosivo, con la maggior parte dei giocatori maschili che pesano più di 85 kg e si muovono a velocità fino a 8 m/s. Dato che l'80% dei punti ha una lunghezza inferiore ai quattro colpi, credo fermamente che i programmi di allenamento (dentro e fuori dal campo) debbano riflettere queste mutate esigenze, come non sono sicuro che avvenga attualmente.
A mio parere, il sovrallenamento (in particolare per gli allenamenti in campo) è un'epidemia nel nostro sport e non credo che siamo troppo lontani dalle cause legali quando si tratta di pratiche di allenamento. Gli sport di tutto il mondo si stanno rendendo conto di avere un obbligo di diligenza nei confronti dei loro atleti d'élite e credo sia giunto il momento che il tennis si metta al passo.
La tecnologia indossabile si sta sviluppando a ritmo sostenuto e presto non ci sarà più molto che non sappiamo sulle esigenze fisiche dello sport. Aziende come Catapult sono ormai affermate in sport come il calcio e il rugby, ma le loro tecnologie non sono altrettanto utilizzate nel tennis. In effetti, ai massimi livelli ho visto solo Andy, Milos Raonic e Lucas Pouille utilizzare sistemi di monitoraggio delle prestazioni. Questo non vuol dire che altri non li usino, ma di certo non li ho visti.
Questi dispositivi sono in grado di indicare il carico esterno che viene esercitato su un giocatore attraverso la rincorsa sul campo, i salti, gli sprint, le torsioni e le rotazioni. Possono anche indicarci la velocità massima raggiunta dal giocatore e la velocità di accelerazione e decelerazione. Si tratta di informazioni preziose, soprattutto quando si tratta di capire cosa succede effettivamente ai nostri giocatori in campo.
Credo che ogni tennista d'élite, in qualsiasi programma di allenamento, dovrebbe essere esposto alla tecnologia indossabile per monitorare ed educarsi all'impatto fisico che l'allenamento ha sul proprio corpo. Credo che questi dispositivi debbano poter essere indossati anche in gara e che si possa fare molto con i dati per trarre importanti insegnamenti sulle reali esigenze delle partite di tennis.
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Immagine: John Fornander/Unsplash